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domenica 4 marzo 2012

II Domenica di Quaresima 04-03-2012

La trasfigurazione occupava un posto importante nella vita e nell’insegnamento della Chiesa primitiva. Ne sono testimonianze le narrazioni dettagliate dei Vangeli e il riferimento presente nella seconda lettera di Pietro (2Pt 1,16-18).
Per i tre apostoli il velo era caduto: essi stessi avevano visto ed udito. Proprio questi tre apostoli sarebbero stati, più tardi, al Getsemani, testimoni della sofferenza di nostro Signore.
L’Incarnazione è al centro della dottrina cristiana. Possono esserci molti modi di rispondere a Gesù, ma per la Chiesa uno solo è accettabile. Gesù è il Figlio Unigenito del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. La vita cristiana è una contemplazione continua di Gesù Cristo. Nessuna saggezza umana, nessun sapere possono penetrare il mistero della rivelazione. Solo nella preghiera possiamo tendere a Cristo e cominciare a conoscerlo.
“È bello per noi stare qui”, esclama Pietro, il quale “non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento”. La fede pone a tacere la paura, soprattutto la paura di aprire la nostra vita a Cristo, senza condizioni. Tale paura, che nasce spesso dall’eccessivo attaccamento ai beni temporali e dall’ambizione, può impedirci di sentire la voce di Cristo che ci è trasmessa nella Chiesa.





Omelia (don Luca Orlando Russo)


«Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!»

Racconta l'evangelista Marco, nel brano che precede il nostro, che Gesù cominciò a parlare apertamente delle sue sofferenze, della sua passione ai suoi discepoli per chiarire la sua vera identità: è il Messia, sì, come ha confessato Pietro per ispirazione del Padre, ma un Messia che va verso la morte, conforme all'immagine del servo sofferente.
Il discorso che Gesù, senza peli sulla lingua, aveva fatto ai discepoli a Cesarea di Filippo, senza esitare a chiamare Pietro "Satana", aveva creato una vera e propria crisi all'interno della comunità dei Dodici, critici nei confronti di Gesù.
L'episodio della trasfigurazione ha un motivo ben preciso nelle intenzioni di Dio: confermare Gesù e i discepoli che la via intrapresa è quella giusta. Non è un caso, infatti, che sul monte, dove Gesù si reca per chiedere lumi al Padre nella preghiera, fanno la loro comparsa due personaggi che hanno attraversato parimenti la loro bella crisi per rimanere fedeli alla Parola di Dio, che li aveva chiamati a fare scelte non facili, ma soprattutto incomprensibili alla logica umana.
Elia e Mosè sanno bene che la via di Dio non è quella degli uomini. Dio invita l'uomo a camminare per vie che non incontrano il favore della ragione umana, illuminata da un messaggio fuorviante, dietro il quale vi è l'opera nascosta, ma, ahimè!, spesso efficace di Satana. Pietro e i Dodici non ci hanno messo molto a lasciarsi ingannare dal nemico di Dio e degli uomini. Anche loro sono convinti che un Messia che si rispetti non può andare verso il fallimento, l'insuccesso e la morte. A Colui che è depositario dei doni di Dio, tale era il Messia, non si addice, secondo la logica degli uomini, la sconfitta. Se Dio è l'Onnipotente, Colui che annientato il potere del Faraone, re d'Egitto, il Messia, il suo braccio destro, non può essere da meno. I discepoli si aspettano una irruzione potente del Regno di Dio; e, del resto, cosa era accaduto fino ad ora?
Gesù non aveva fin'ora dimostrato, con la parola e con le opere, di essere così potente da sottomettere a sé chiunque aveva tentato di contrastarlo? Non c'era ombra di dubbio a Gerusalemme, la città di Dio, Gesù avrebbe manifestato a tutti la sua identità e, a partire da quel momento in poi, sarebbe stato un cammino in discesa. Ma sul più bello Gesù cambia, comincia a parlare solo di fallimento e di insuccesso.
Gesù sul monte è in una luce irradiante, il candore e la luce sfolgorante della sua persona rievocano le visioni del profeta Daniele, la gloria di Dio, nel mentre la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!», gli conferisce autorità.
Allora, qual è il senso della trasfigurazione? Imprimere nella mente dei discepoli un'immagine di Gesù gloriosa, potente che potesse mostrare che nella povertà, nella sofferenza, nella passione Dio realizza il suo progetto di salvezza, anche se ciò appare umanamente impossibile.
Come reagiscono gli apostoli? Pietro, ancora una volta esce fuori con una risposta tanto umana: "Facciamo tre capanne e restiamo qui". Pietro cede alla tentazione di chi vorrebbe fermare la vita ai momenti, forse anche belli e straordinari, nei quali ci vengono fatte delle promesse per poi rifiutare di vivere tutto il cammino della vita umana che conduce al dono promesso.
Buona domenica e buona settimana!

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