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domenica 27 novembre 2011

I DOMENICA DI AVVENTO 27-11-11

L’anno B del ciclo triennale delle letture è l’anno di Marco. Eppure non si comincia dal paragrafo iniziale del suo Vangelo, che sarà oggetto di lettura nella settimana prossima: si parte dal punto in cui terminerà la penultima settimana dell’anno, con l’annuncio del ritorno di Cristo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”.
A prima vista, ciò può sembrare strano ed illogico. Invece, nella liturgia, c’è un’estrema sottigliezza nell’effettuare il cambiamento di tono: la nostra attenzione, che nelle ultime settimane era centrata sul giudizio e sulla fine del mondo, si sposta ora sul modo di accogliere Cristo: non con paura, ma con impazienza, proprio come un servo che attende il ritorno del padrone (Mc 13,35).
In quanto preparazione al Natale, l’Avvento deve essere un tempo di attesa nella gioia. San Paolo interpreta il nostro periodo d’attesa come un tempo in cui dobbiamo testimoniare Cristo: “Nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (1Cor 1,7).
 

Omelia: (don Paul Devreux)
In questa prima domenica di Avvento, Gesù c'invita a vegliare, per essere pronti ad accoglierlo quando arriva.
Questo è un accenno al suo ritorno glorioso, alla fine dei tempi, ma devo riconoscere che è una realtà che non riesce a coinvolgermi, perché spero che il mondo andrà avanti ancora per molto tempo dopo di me, ma è comunque importante pensare che questa fine prima o poi ci sarà, perché ci ricorda che questo mondo non è un assoluto e se ci si riesce a pensare e a credere veramente, si capisce che quello che verrà dopo è più importante.
Di fatto m'interessa di più il discorso di vegliare per essere pronto quando verrà, in concomitanza con la mia morte; ma anche questo riesce poco a condizionare il mio quotidiano. Rimane però importante il fatto di pensarci, non solo perché chi pensa alla propria morte apprezza di più la vita e fa generalmente scelte più costruttive, ma anche perché, tra le tante cose che potrei fare, potrei anche morire.
Quello che invece mi interessa veramente è l'essere attento alla sua venuta oggi; questo è per me importante. Lo è perché è ciò che più di tutto può condizionare e cambiare la mia vita, partendo appunto dal quotidiano.
Cosa può impedirmi di farlo? Principalmente la paura che questa sua venuta sconvolga le mie scelte e abitudini, ma anche l'agitazione perpetua che tende a rendermi distratto.
Ogni Natale il Signore ci vuole ricordare che lui viene, e viene per essere presente nella vita di ognuno di noi. Per cogliere l'attimo della sua venuta è necessario vegliare ed essere attenti ad ogni piccolo segno di questa sua presenza, magari tramite qualche sua provvidenza, che è come un occhiolino che ci fa.
Tanti chiamano la provvidenza un caso; Einstein diceva che il caso è Dio in incognito, io dico che un caso può essere anche un caso, due casi pure, ma al terzo caso le cose si complicano e posso cominciare a dire che chi non ci fa caso è come il sordo che non vuole sentire.
La condizione per vegliare ed essere attenti all'opera e alla presenza dei Signore è la preghiera; poco importa quale. L'importante è pregare perché quando prego automaticamente lo sguardo si rivolge verso Dio, e questo è l'unico momento in cui i nostri sguardi si possono incrociare. Non posso accorgermi del suo sguardo, delle sue attenzioni, se guardo altrove, se vivo costantemente con lo sguardo rivolto al passato o al futuro e senza fermarmi mai.
Dio è presente, è nel presente; io, dove sono?