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domenica 11 marzo 2012

III Domenica di Quaresima

Una visita sul sito del Tempio nella Gerusalemme attuale dà un’idea della sacralità del luogo agli occhi del popolo ebreo. Ciò doveva essere ancora più sensibile quando il tempio era ancora intatto e vi si recavano, per le grandi feste, gli Ebrei della Palestina e del mondo intero.
L’uso delle offerte al tempio dava la garanzia che la gente acquistasse solo quanto era permesso dalla legge. L’incidente riferito nel Vangelo di oggi dà l’impressione che all’interno del tempio stesso si potevano acquistare le offerte e anche altre cose.
Come il salmista, Cristo è divorato dallo “zelo per la casa di Dio” (Sal 068,10). Quando gli Ebrei chiedono a Gesù in nome di quale autorità abbia agito, egli fa allusione alla risurrezione. All’epoca ciò dovette sembrare quasi blasfemo. Si trova in seguito questo commento: “Molti credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti”. Noi dobbiamo sempre provare il bisogno di fare penitenza, di conoscerci come Dio ci conosce.
Il messaggio che la Chiesa ha predicato fin dall’inizio è quello di Gesù Cristo crocifisso e risorto. Tutte le funzioni della Quaresima tendono alla celebrazione del mistero pasquale. Che visione straordinaria dell’umanità vi si trova! Dio ha mandato suo Figlio perché il mondo fosse riconciliato con lui, per farci rinascere ad una nuova vita in lui. Eppure, a volte, noi accogliamo tutto ciò con eccessiva disinvoltura. Proprio come per i mercati del tempio, a volte la religione ha per noi un valore che ha poco a vedere con la gloria di Dio o la santità alla quale siamo chiamati.





Omelia (don Roberto Rossi)


Gesù, tempio di Dio

Il nostro cammino quaresimale procede. Dopo essere stati con Gesù nel deserto, scoprendo che anche lui si è confrontato con le tentazioni che ci minacciano e con il potere del male che ci porta lontano da Dio; dopo essere stati con Lui sul monte della trasfigurazione, sentendo la voce della nube che lo confermava come il Figlio amato e ci ordinava di ascoltarlo mentre indica il cammino dell'offerta di sé per giungere alla vita piena, oggi il Vangelo di Giovanni ci fa incontrare Gesù nel tempio di Gerusalemme, mentre compie uno dei gesti più sconcertanti della sua vita. Ed è significativo che tutte e quattro i vangeli riportino questo episodio; questo nei vangeli avviene soltanto per gli ultimi giorni della vita di Gesù.
Quale aspetto del mistero di Gesù ci aiuta a penetrare e meditare questa pagina di Vangelo? Una prima spontanea reazione è quella di pensare all'umanità di Gesù, che - come ciascuno di noi - perde la pazienza e si arrabbia quando si confronta con qualcosa che non corrisponde con il suo modo di vedere e con le sue aspettative.
Pur senza negare questo aspetto dell'umanità di Gesù, dobbiamo fare come i discepoli, che dopo la resurrezione si sono ricordati del gesto di quel giorno nel tempio e lo hanno compreso alla luce dei salmi: "lo zelo per la tua casa mi divorerà" (Salmo 69, 10). Anche noi, dobbiamo vedere in questo gesto una luce che illumina tutto il mistero, la vita di Gesù. La sua vita fu realmente "divorata" dallo zelo per il Padre; Egli è vissuto profondamente obbediente al Padre, fino al punto di dare tutto se stesso per realizzare il suo progetto. Nel dialogo tra Gesù e i giudei che gli chiedono conto del gesto che ha compiuto, Gesù risponde identificando il tempio con il suo corpo: distruggetelo e io lo ricostruirò in tre giorni. È normale che i giudei non l'abbiano capito, ma per noi cristiani che ascoltiamo queste parole dopo la Risurrezione, il messaggio è forte e chiaro. Ciò che prima si faceva attraverso il tempio, attraverso i riti sacrificali (per i quali era necessario tutto il sistema di vendita di animali e di cambio dei soldi), cioè la ricerca della comunione con Dio e la richiesta di perdono dei peccati, ora lo si fa attraverso il corpo di Gesù, che nella morte è stato distrutto e nella risurrezione è stato glorificato. Ora sappiamo che la salvezza è in Gesù.
Ciò significa che i sacrifici e i riti sono stati semplificati (l'unico rito dei cristiani è la messa, il sacrificio di Gesù) e sono stati resi accessibili a tutti in ogni momento. Infatti anche noi possiamo lasciarci "divorare dallo zelo" per la casa del Signore, cioè possiamo vivere orientati dalla volontà del Signore, prendendo Lui come centro di ogni nostra scelta, azione, progetto.
La legge di Dio, che la prima lettura ricorda raccontandoci le dieci parole dei comandamenti, ha questo significato e questa finalità: orientare i passi dell'uomo nella volontà di Dio. Gesù non ha abolito i comandamenti, ma ne ha mostrato il senso e ci ha fatto vedere che non si tratta di semplici precetti da osservare scrupolosamente per il timore di incorrere in punizioni, ma di fari accesi da Dio per il suo popolo, che cammina nell'oscurità e desidera percorrere il cammino giusto, per la realizzazione della propria vita, fino alla salvezza nell'eternità.

domenica 4 marzo 2012

II Domenica di Quaresima 04-03-2012

La trasfigurazione occupava un posto importante nella vita e nell’insegnamento della Chiesa primitiva. Ne sono testimonianze le narrazioni dettagliate dei Vangeli e il riferimento presente nella seconda lettera di Pietro (2Pt 1,16-18).
Per i tre apostoli il velo era caduto: essi stessi avevano visto ed udito. Proprio questi tre apostoli sarebbero stati, più tardi, al Getsemani, testimoni della sofferenza di nostro Signore.
L’Incarnazione è al centro della dottrina cristiana. Possono esserci molti modi di rispondere a Gesù, ma per la Chiesa uno solo è accettabile. Gesù è il Figlio Unigenito del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. La vita cristiana è una contemplazione continua di Gesù Cristo. Nessuna saggezza umana, nessun sapere possono penetrare il mistero della rivelazione. Solo nella preghiera possiamo tendere a Cristo e cominciare a conoscerlo.
“È bello per noi stare qui”, esclama Pietro, il quale “non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento”. La fede pone a tacere la paura, soprattutto la paura di aprire la nostra vita a Cristo, senza condizioni. Tale paura, che nasce spesso dall’eccessivo attaccamento ai beni temporali e dall’ambizione, può impedirci di sentire la voce di Cristo che ci è trasmessa nella Chiesa.





Omelia (don Luca Orlando Russo)


«Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!»

Racconta l'evangelista Marco, nel brano che precede il nostro, che Gesù cominciò a parlare apertamente delle sue sofferenze, della sua passione ai suoi discepoli per chiarire la sua vera identità: è il Messia, sì, come ha confessato Pietro per ispirazione del Padre, ma un Messia che va verso la morte, conforme all'immagine del servo sofferente.
Il discorso che Gesù, senza peli sulla lingua, aveva fatto ai discepoli a Cesarea di Filippo, senza esitare a chiamare Pietro "Satana", aveva creato una vera e propria crisi all'interno della comunità dei Dodici, critici nei confronti di Gesù.
L'episodio della trasfigurazione ha un motivo ben preciso nelle intenzioni di Dio: confermare Gesù e i discepoli che la via intrapresa è quella giusta. Non è un caso, infatti, che sul monte, dove Gesù si reca per chiedere lumi al Padre nella preghiera, fanno la loro comparsa due personaggi che hanno attraversato parimenti la loro bella crisi per rimanere fedeli alla Parola di Dio, che li aveva chiamati a fare scelte non facili, ma soprattutto incomprensibili alla logica umana.
Elia e Mosè sanno bene che la via di Dio non è quella degli uomini. Dio invita l'uomo a camminare per vie che non incontrano il favore della ragione umana, illuminata da un messaggio fuorviante, dietro il quale vi è l'opera nascosta, ma, ahimè!, spesso efficace di Satana. Pietro e i Dodici non ci hanno messo molto a lasciarsi ingannare dal nemico di Dio e degli uomini. Anche loro sono convinti che un Messia che si rispetti non può andare verso il fallimento, l'insuccesso e la morte. A Colui che è depositario dei doni di Dio, tale era il Messia, non si addice, secondo la logica degli uomini, la sconfitta. Se Dio è l'Onnipotente, Colui che annientato il potere del Faraone, re d'Egitto, il Messia, il suo braccio destro, non può essere da meno. I discepoli si aspettano una irruzione potente del Regno di Dio; e, del resto, cosa era accaduto fino ad ora?
Gesù non aveva fin'ora dimostrato, con la parola e con le opere, di essere così potente da sottomettere a sé chiunque aveva tentato di contrastarlo? Non c'era ombra di dubbio a Gerusalemme, la città di Dio, Gesù avrebbe manifestato a tutti la sua identità e, a partire da quel momento in poi, sarebbe stato un cammino in discesa. Ma sul più bello Gesù cambia, comincia a parlare solo di fallimento e di insuccesso.
Gesù sul monte è in una luce irradiante, il candore e la luce sfolgorante della sua persona rievocano le visioni del profeta Daniele, la gloria di Dio, nel mentre la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!», gli conferisce autorità.
Allora, qual è il senso della trasfigurazione? Imprimere nella mente dei discepoli un'immagine di Gesù gloriosa, potente che potesse mostrare che nella povertà, nella sofferenza, nella passione Dio realizza il suo progetto di salvezza, anche se ciò appare umanamente impossibile.
Come reagiscono gli apostoli? Pietro, ancora una volta esce fuori con una risposta tanto umana: "Facciamo tre capanne e restiamo qui". Pietro cede alla tentazione di chi vorrebbe fermare la vita ai momenti, forse anche belli e straordinari, nei quali ci vengono fatte delle promesse per poi rifiutare di vivere tutto il cammino della vita umana che conduce al dono promesso.
Buona domenica e buona settimana!